.René Peña fotografo cubano
Intervista a René Peña, un’icona nella fotografia contemporanea cubana che esprime la condizione umana.
Di Damiano Miotto
“…con la mia opera mi occupo di creare una versione personale del mondo e dei suoi individui, le mie fotografie non sono autoreferenziali, né una riaffermazione della mia persona e identità. Utilizzo concetti prestabiliti come pretesto per parlare di altri esseri, comuni e correnti…”
In quale momento della tua vita hai sentito di essere un fotografo?
Non ti posso descrivere un momento esatto. Volevo fare il musicista ma non ero così bravo poi ho iniziato a dipingere e a scrivere però ho sempre fatto foto da quando avevo otto anni. Quando ero bambino non conoscevo fotografi famosi, per me i fotografi immortalavano le opere degli artisti per documentarle o mostravano dei fatti come i giornalisti o i reporter. Fotografavo i miei amici, i miei familiari, quando ero hippy tutto quello che mi circondava, senza pensare che la fotografia potesse essere uno strumento per creare arte.
Non l’ho pensato fino a quando tornando a casa una sera, in assenza dei miei genitori, entrai nella loro camera da letto e trovai un libro che si intitolava “La macchina fotografica”, lo aprii e vidi una foto di Ansel Adams che rappresentava una radice di un albero: in quel momento capii che era un’arte che permetteva di esprimersi.
Avendo una macchina fotografica ho iniziato ad essere un fotografo, ossia utilizzare la macchina per esprimere il mio pensiero. Da quel giorno passò molto tempo prima di imparare ad esprimermi come volevo e a formare il mio pensiero da artista.
Io credo che l’artista sia quello che crea l’opera non quello che la esegue. Un ballerino per esempio per me non è un artista, il coreografo o l’autore dell’opera in cui si balla è l’artista. Il bravo ballerino può essere virtuoso, si può esprimere in un certo modo, ma non è il fautore dei suoi movimenti.
Se avessi continuato a suonare probabilmente sarei diventato un bravo musicista che interpretava bene leggendo il suo spartito, non sarei mai diventato un compositore. Per questo lasciai la musica.
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